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Perché la mindfulness può farti dimagrire?

giorgio serafini prosperi il percorso breaters Aug 11, 2020
Breaters_Perché la mindfulness può farti dimagrire?

Mindfulness è il prestare attenzione alla nostra esperienza nel momento presente, in modo da essere più coscienti di ciò che accade in noi – nel nostro corpo, nella nostra mente e nel nostro cuore – e al di fuori di noi, coltivando una forma di consapevolezza libera da critica o giudizio e un atteggiamento di curiosità e apertura.

Si tratta di richiamare una qualità di calma interiore che è innata, che ci appartiene anche quando la vita e le circostanze sembrano metterci eccessiva pressione o appaiono caotiche.

L’essenza della pratica della Mindfulness si fonda sulla meditazione, che ci aiuta a riconoscere il “torpore” mentale in cui siamo quasi costantemente immersi, e a sviluppare la possibilità di agire andando oltre i nostri abituali automatismi.

 

Andare oltre gli automatismi

Quando iniziamo a coltivare questo tipo di attenzione consapevole, il nostro modo di vedere le cose e di percepire ed essere in relazione con il mondo cambia: vediamo in maniera più chiara e sentiamo con maggiore profondità, diventando più svegli e ricettivi.

Ma c'è davvero un nesso tra la pratica meditativa e la perdita di peso?


La risposta è sì.
Proviamo a spiegare come possa avvenire questo "miracolo". Dobbiamo partire dal perché mangiamo in eccesso. E dal fatto che, chi mangia in modo incontrollabile o emotivo, non è veramente interessato al cibo in sé, ma all'effetto che fa. Ci avete mai pensato? 

Fermiamoci a riflettere. Siamo sicuri che l'impulso che proviamo nei confronti del cibo sia davvero fame?
Abbiamo mai davvero sentito la fame?
La fame, la fame fisica, è una risposta del cervello ad un fabbisogno del corpo. Ed è un segnale sano

Il problema è che chi mangia compulsivamente ha imparato a confondere questo segnale con altri che non hanno niente a che vedere con la fame (leggi anche "Chi è il mangiatore compulsivo: come riconoscerlo").

Perché mangiamo emotivamente

Mangiamo per frustrazione, per paura, sotto l'effetto dell'ansia, per gratificarci, per premiarci, per la paura di morire di fame, perché abbiamo bisogno di calore, accoglienza, affetto e per mille altri motivi simili a questi (ognuno può aggiungere quelli che gli assomigliano di più).

Tutto questo non c'entra niente con la fame
Il problema è  che quando siamo "sotto attacco", quando la fame emotiva ci assale, non siamo in grado di riconoscere nessuno di questi segnali per quel che è veramente e lo scambiamo per fame.

Cos'è la fame emotiva?

Chi mangia senza potersi controllare, chi cioè non riesce a fermarsi di fronte al cibo, ha imparato una modalità di salvataggio rispetto a quelle che percepisce come emozioni disturbanti.
C'è il sintomo e c'è la cura, o meglio l'illusione della cura, in questo caso il cibo (leggi anche "Quali sono e come ridurre gli episodi di abbuffate").

 
Una forma di dipendenza 

È lo stesso per ogni dipendenza cui la mente si aggrappa, si usa una sostanza che ha degli effetti psicofisici per evitare di attraversare un vissuto emotivo che ci mette particolarmente alla prova, sia esso percepito come positivo o negativo.

Ma davvero ci abbuffiamo anche quando siamo felici? La risposta è sì. Chiunque mangi compulsivamente vi risponderebbe allo stesso modo. Chi usa il cibo per sottrarsi alle emozioni lo fa perché teme di non poterle contenere. Ed è irrilevante se le emozioni siano di gioia o di disperazione. 

La mente crea un allarme assolutamente identico che ci fa sentire che "questo è troppo per me, non ce la faccio proprio a sopportarlo". 

E così risolviamo la questione assumendo cibo. Quei particolari cibi (grassi complessi, farine raffinate e zuccheri, in sostanza) che ci danno la sensazione di aiutarci a rallentare il flusso dei pensieri compulsivi.

Il pensiero compulsivo

Pensiero compulsivo è una definizione che prendiamo in prestito dalle riflessioni e dagli insegnamenti di Eckhart Tolle. 

L'intuizione di Tolle, rispetto alle dipendenze emotive, è monumentale. La sostanza, infatti, in questo caso il cibo, rappresenta la risposta automatica acquisita, non la causa del problema. Il cibo è il mezzo, il pensiero compulsivo è la causa primaquella scatenante.

Facciamo un esempio

Se osserviamo il nostro comportamento nei confronti del cibo potremo senz'altro osservare che ricorriamo ad esso quando si manifestano particolari situazioni emotive che ci mettono sotto pressione. 

Quando la mente cioè percepisce un pericolo per il nostro "equilibrio". In quel momento il “gioco di prestigio” della mente consiste nel raccontarci che siamo arrivati ad un punto tale che senza la nostra risorsa d'emergenza non ce la possiamo fare a vivere quello che stiamo vivendo.

E così ci sentiamo "obbligati" a usare il cibo. Non sappiamo fare altrimenti.

Però possiamo imparare.
Innanzi tutto è utile mettersi nella condizione di poter smascherare l'inganno. Abbiamo bisogno, cioè, di una distanza anche minima nei confronti di ciò che la mente sta creando, di ciò che ci sta raccontando.

È fondamentale acquisire l'abilità di mettersi nella posizione dell'osservatore
Sì, ma come si fa?

La meditazione è la risposta

La meditazione non è rilassamento, né fuga dalla realtà, ma un allenamento costante a riconoscere l'attività della mente per quello che è, nient'altro che una produzione continua di pensieri che però possiamo scegliere di seguire oppure no. 

Se "vediamo" la mente che produce i pensieri, se ci accorgiamo della sua incessante attività e riusciamo a evitare la completa identificazione col pensiero che stiamo pensando, allora possiamo accedere alla risorsa più potente: la Presenza mentale.

 

Il potere della Presenza Mentale

La Presenza mentale è quello spazio di consapevolezza all'interno del quale la mente si "accorge" della propria attività di creare il pensiero.
All'interno di questo spazio, non cedere alla compulsione si può. Questa è l’essenza della Mindfulness.

Il maestro indiano Krishnamurti definisce la meditazione così: "La meditazione è quella luce nella mente che illumina la strada dell’azione, e senza quella luce non c’è amore”.

Cosa c'entri l'amore è presto detto. La Presenza, il poter scegliere cosa è meglio per sé stessi, il non cedere ad un impulso automatico, non è forse un supremo gesto d'amore?

Per questi motivi la pratica della consapevolezza è fondamentale per chi vuole smettere di mangiare in modo incontrollabile.

Fare pace con la mente

La meditazione consente di allenarsi a riconoscere l'attività della propria mente, ed è una risorsa concreta, pratica.

La Mindfulness è quindi l'antidoto più efficace e potente all'impulso al mangiare in eccesso

Perché più aiutarci ad includere all’interno di un panorama più ampio, quello della consapevolezza, l’impulso stesso, dandoci così lo spazio minimo necessario per poter far nascere in noi una risposta diversa alla fame emotiva.