Fame emotiva nei maschi: perché sottovalutiamo (culturalmente) il problema?
Aug 20, 2025
Fame emotiva nei maschi: perché sottovalutiamo (culturalmente) il problema?
Quando si parla di fame emotiva, la mente va subito alle donne. Alle diete, al senso di colpa, al rapporto conflittuale con il corpo. Ma ciò che spesso dimentichiamo è che anche gli uomini soffrono. Solo che lo fanno in silenzio. O meglio: in modo culturalmente accettabile, nascosto, mimetizzato.
“Gli uomini non mangiano per emozione”
Siamo cresciuti con l’idea che gli uomini debbano essere forti, razionali, imperturbabili. In questa narrazione, usare il cibo per regolare le emozioni non rientra nei comportamenti maschili consentiti.
E così molti uomini crescono senza strumenti per nominare il proprio disagio. Senza parole per dire: “Mangio perché sono solo. O frustrato. O stanco di tenermi tutto dentro.”
Ma la fame emotiva esiste anche nei corpi maschili. Solo che prende altre forme: abbuffate serali davanti alla TV, eccesso di cibo spazzatura, ipercontrollo alimentare seguito da perdita di controllo. E, soprattutto, tanta vergogna. Proprio come le donne. Si può dire - quindi - che questo disagio non ha né genere né sesso.
Il problema invisibile
Uno studio del 2021 pubblicato su Eating Behaviors ha rilevato che gli uomini con alti livelli di alessitimia (la difficoltà a riconoscere e nominare le emozioni) presentano una maggiore tendenza alla fame emotiva, spesso non consapevolizzata.
Eppure i servizi di cura, i percorsi di consapevolezza, i gruppi di supporto restano fortemente femminilizzati. Il messaggio implicito è: “Se sei uomo, non dovresti averne bisogno.”
Nel nostro articolo “Come gestire la fame emotiva con la psicoterapia”, sottolineiamo quanto sia importante riconoscere il proprio vissuto anche quando non rientra negli stereotipi. Questo vale, forse ancora di più, per i maschi.
Una storia come tante. Anche la mia.
Lo so bene perché ci sono passato.
La mia fame non era solo di cibo. Era fame di conforto, di presenza, di senso. Ma per anni l’ho tenuta nascosta dietro l’apparenza: uomo razionale, funzionante, che “mangia tanto perché ha appetito”.
Solo quando ho cominciato a guardarmi davvero ho capito cosa stava succedendo.
Ho raccontato questa trasformazione in Ho mangiato abbastanza, il mio libro.
E lì ho scritto una frase che sento ancora vera:
“Il cibo mi ha tenuto in piedi finché non ho trovato qualcosa che mi aiutasse a non crollare.”
Molti uomini usano il cibo così: per restare in piedi. Ma non basta sopravvivere. Possiamo imparare a vivere davvero.
Serve un nuovo linguaggio
Serve smontare la vergogna.
Serve offrire spazi dove anche gli uomini possano parlare di sé, senza dover dimostrare niente.
Serve raccontare che la fame emotiva non è una questione di genere: è una risposta appresa, un segnale del corpo, un modo per sopravvivere.
Nel nostro articolo “La depressione e i disturbi alimentari sono correlati”, raccontiamo come spesso dietro il comportamento alimentare ci sia una sofferenza non vista. Questo vale per tutti, ma negli uomini è ancora più difficile da far emergere.
A chi sta leggendo
Se sei un uomo e ti riconosci in queste parole, sappi che non sei sbagliato. Non sei solo. E soprattutto: non c’è nulla di cui vergognarsi.
La fame emotiva non è debolezza. È un segnale. E può diventare una porta d’ingresso verso un modo nuovo di ascoltarti, di esserci, di stare con te.
E se conosci qualcuno che mangia per non sentire, ma non sa di farlo, forse queste righe possono essere un primo appiglio.
Una voce gentile che dice:
“Anche per te esiste una via d’uscita. Una più umana. Più rispettosa. E più vera.”