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Come aiutare un figlio con disturbo alimentare: cosa fare e cosa evitare

fame emotiva giorgio serafini prosperi Sep 14, 2025
Come aiutare un figlio con disturbo alimentare: cosa fare e cosa evitare

Quando un figlio mostra segnali di un disturbo alimentare, i genitori vivono paura, smarrimento e senso di impotenza. In questo articolo vediamo come accompagnarlo senza fare danni, cosa fare e cosa evitare, e a chi rivolgersi.

 

Il dolore nascosto dietro il cibo

Per un genitore è devastante vedere un figlio che rifiuta il cibo, si abbuffa o vive ossessionato dal corpo. Si ha la tentazione di “aggiustare” la situazione subito, ma i disturbi alimentari non si risolvono con soluzioni rapide o con consigli animati dalle migliori intenzioni, ma magari guidati più dall’ansia e dalla preoccupazione che da una reale utilità.

Gli studi clinici (Treasure, Duarte, 2020; American Psychiatric Association, 2023) mostrano che i DCA non sono una scelta, ma condizioni complesse che intrecciano aspetti psicologici, sociali e biologici. Per questo hanno bisogno di cura e di un ambiente di sostegno.

 

Segnali da non ignorare

Alcuni comportamenti, se persistenti, possono segnalare l’inizio di un disturbo alimentare:

  • cambiamenti improvvisi nel peso

  • rituali rigidi legati al cibo (tagliare, pesare, nascondere)

  • abbuffate seguite da sensi di colpa

  • evitamento dei pasti in famiglia

  • pensieri ossessivi su corpo e calorie

  • ansia, chiusura e isolamento sociale

Non tutti i segnali indicano un DCA conclamato, ma è importante prenderli sul serio. Come approfondiamo in Tutto quello che non sappiamo sulla fame: come riconoscere cosa provoca in noi e ritrovare la capacità di auto-regolarci, il cibo porta spesso significati emotivi che non hanno nulla a che fare con la nutrizione.

 

Il peso delle generazioni: attaccamento e vulnerabilità

La ricerca (Bruch, 1973; Tasca & Balfour, 2014) evidenzia come lo stile di attaccamento sviluppato nell’infanzia influisca sul rischio di sviluppare disturbi alimentari.

  • Un attaccamento ansioso può spingere a usare il cibo per calmare la paura di non essere amati.

  • Un attaccamento evitante può favorire il controllo rigido su corpo e alimentazione, come difesa dall’intimità emotiva.

  • Modelli familiari dove il corpo e il cibo sono stati terreno di conflitto o giudizio possono tramandare fragilità da una generazione all’altra.

Riconoscere questa dimensione transgenerazionale non significa incolpare i genitori, ma comprendere che il disturbo alimentare parla di legami, non solo di cibo.

 

Cosa non dire e non fare

Il rischio maggiore, pur con le migliori intenzioni, è aggiungere pressione e colpa. Alcuni atteggiamenti vanno evitati:

  • commentare il corpo o il peso, anche in positivo

  • obbligare a mangiare o controllare i pasti

  • ridurre tutto a “è solo una fase”

  • usare il cibo come ricompensa o punizione

  • ignorare il problema sperando che passi da solo

 

Cosa fare invece

Ciò che serve a un figlio in difficoltà è sentirsi visto e accolto, non giudicato. Alcuni passi possono aiutare:

  • ascoltare senza interrompere né minimizzare

  • esprimere preoccupazione con frasi centrate sul proprio sentire (“Mi preoccupo perché ti vedo soffrire”)

  • mantenere la routine familiare come base di stabilità

  • incoraggiare a chiedere aiuto professionale senza imporlo

  • prendersi cura anche delle proprie emozioni per non riversarle sul figlio

La ricerca clinica mostra che uno stile genitoriale basato su supporto, empatia e coerenza emotiva riduce il rischio di cronicizzazione e favorisce l’adesione ai percorsi di cura (Lock & Le Grange, 2019).

 

A chi rivolgersi

I disturbi alimentari richiedono sempre un supporto specialistico. Le figure di riferimento sono:

  • medico di base o pediatra come primo passo

  • psicoterapeuti esperti di disturbi alimentari

  • nutrizionisti specializzati in DCA (non diete restrittive)

  • centri pubblici e privati dedicati ai disturbi alimentari

Il genitore non deve sentirsi solo in questo percorso: farsi accompagnare da professionisti è fondamentale per non caricarsi di un peso impossibile da sostenere da soli.

 

Il ruolo della mindfulness per i genitori

Anche il genitore ha bisogno di strumenti. La mindfulness può aiutare a regolare la propria ansia, a restare presente nelle conversazioni difficili e a coltivare la pazienza.

Imparare a stare in ascolto senza reagire subito è un dono enorme per chi soffre, perché trasmette sicurezza. Approfondiamo questi aspetti in Perché riconoscere le cause del tuo disturbo alimentare può esserti d’aiuto.

 

Un messaggio ai genitori

Accompagnare un figlio che soffre di un disturbo alimentare significa imparare a camminare accanto a lui senza sostituirsi. È un percorso che richiede fiducia, continuità e tanta gentilezza.

Come scriviamo anche in La depressione e i disturbi alimentari: sono correlati?, non si tratta mai di colpa, ma di ferite che chiedono ascolto e cura.

Se sei genitore, ricordati che la tua presenza autentica è già una risorsa preziosa. Non devi avere tutte le risposte: a volte basta esserci, un passo alla volta.