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Paura e fame emotiva: perché il corpo cerca sollievo nel cibo

cause e rimedi fame emotiva giorgio serafini prosperi Dec 07, 2025
Foto di Maria Luiza Melo

 

La paura non è un errore: è un movimento del corpo che cerca protezione. La fame emotiva nasce quando non sappiamo restare con quel movimento, e cerchiamo una via rapida per calmarlo.

Quando la paura arriva come una contrazione

Non sempre la paura si presenta con chiarezza.
Più spesso entra come una contrazione: un respiro più corto, un leggero irrigidimento, una mente che si restringe. È un segnale sottile che però orienta tutto.

Quella contrazione ci fa percepire il mondo come più stretto, più minaccioso, più fragile. E quando non abbiamo strumenti per restare con quella sensazione, cerchiamo un appoggio immediato. Il cibo diventa uno di quei modi per allentare la tensione.

In Cibo ed emozioni: gustiamo realmente ciò che mangiamo? parlo di come ciò che sentiamo influenzi ogni gesto alimentare, spesso senza che ce ne accorgiamo:

La paura che non riconosciamo

La forma di paura che più alimenta la fame emotiva non è quella forte, evidente, drammatica.
È quella sottile: un lieve disagio, un senso di vuoto, un’inquietudine che non ha un nome preciso.

È una paura “trasparente”: non la sentiamo subito come emozione, ma come urgenza di fare qualcosa che ci riporti in un luogo più conosciuto. Per molte persone, quel luogo è il cibo.

È lo stesso meccanismo che esploriamo in Perché sotto stress preferiamo i cibi dolci, dove lo zucchero diventa un sedativo rapido dell’attivazione interna.

Mindfulness: creare spazio dentro la paura

La Mindfulness non promette di far sparire la paura.
Promette qualcosa di più reale: ampliare il nostro spazio interno mentre la paura c’è.

Quando portiamo attenzione al corpo — al nodo allo stomaco, alla gola che si stringe, alle spalle tese — stiamo facendo una cosa sorprendente: stiamo mostrando al sistema nervoso che possiamo restare presenti.

La paura smette di essere un’emergenza.
Diventa un’esperienza.

E quando diventa un’esperienza, perde il suo potere di trascinarci verso il cibo per non sentirla.

Le neuroscienze lo confermano: la consapevolezza corporea calma l’attivazione dell’amigdala e favorisce regolazione emotiva. Bastano pochi secondi di presenza: non è la durata a contare, è il segnale che diamo al corpo.

Dall’intenzione all’inclinazione

All’inizio restare presenti alla paura è uno sforzo consapevole:
“Mi fermo, respiro, resto.”

Poi, lentamente, diventa un’inclinazione spontanea.
Il corpo impara a non scappare subito.
La mente impara a non irrigidirsi.
La paura diventa meno minacciosa.

È in questo passaggio, silenzioso ma reale, che la fame emotiva perde forza.
Perché non ha più bisogno di proteggerci da un’emozione che ora possiamo contenere.

Il cibo come tentativo di tregua

La fame emotiva non nasce da debolezza.
Nasce da un bisogno di tregua.

Quando la paura non trova spazio nel corpo, la cerchiamo nel piatto.
Il cibo diventa un modo per allargare, almeno per un momento, ciò che dentro si è ristretto.

Ma quando la mindfulness apre anche solo un piccolo varco — un respiro più ampio, un punto d’appoggio, un istante di presenza — non serve più correre verso il cibo per ritrovare stabilità.

Lo vediamo anche in Fame emotiva: come fermarsi un attimo prima?.

La tregua inizia a nascere dentro di noi.

Una via più gentile

La paura non scomparirà.
Ma può cambiare forma.

Da nemica può diventare messaggera.
Da minaccia può diventare movimento interno da ascoltare.
Da detonatore della fame emotiva può diventare occasione di presenza.

Non serve coraggio eroico.
Serve delicatezza.

La delicatezza di restare un attimo in più.
La delicatezza di non riempire subito il vuoto.
La delicatezza di permettere al corpo di sentire senza scappare.

È così che il cibo torna a essere nutrimento, non rifugio.

Riferimenti scientifici essenziali

  • Hölzel, B. K. et al. (2011). How Does Mindfulness Meditation Work? Perspectives on Psychological Science.

  • LeDoux, J. (2012). Evolution of human emotion. PNAS.

  • Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory. W. W. Norton.

  • van der Kolk, B. A. (2014). The Body Keeps the Score. Penguin.

  • Brewer, J. et al. (2013). Mindfulness training and craving regulation. NeuroImage.